lunedì 30 gennaio 2012

Decreto sacchetti, parla Apibags: “Finiremo solo per consumare più plastica”



Eco dalle Città intervista APIBAGS, il neonato Gruppo nazionale produttori borse in plastica riutilizzabili e riciclabili, sorto all’interno di Confapi - Unionchimica. Risponde alle nostre domande il vicepresidente Maurizio Paratore

Fonti parlamentari sostengono che il “decreto sacchetti” – o meglio, l’Art. 2 del Decreto Rifiuti – arriverà in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni, ma il testo circola già in rete. Qualche settimana fa avevamo intervistato il Presidente di Assobioplastiche, Marco Versari, e nei prossimi giorni cercheremo di dar voce a tutte le categorie coinvolte in questa interminabile (terminata?) saga dei sacchetti. Questa volta parliamo con APIBAGS, il neonato Gruppo nazionale produttori borse in plastica riutilizzabili e riciclabili, sorto all’interno di CONFAPI - UNIONCHIMICA. Risponde alle nostre domande il vicepresidente Maurizio Paratore.

Cominciamo con un commento sul testo del decreto, che ormai dovrebbe essere quello ufficiale. Obbligo di compostabilità per i sacchetti usa e getta e due spessori limite per i riutilizzabili: 200 micron per i sacchi per l’asporto destinati all’uso alimentare e 100 micron per i sacchi per l’asporto destinati agli altri usi…

Questo nuovo decreto è una grande sconfitta per l’ambiente. L’unico risultato che porterà – oltre alla perdita di posti di lavoro – è l’aumento del consumo di plastica. Mi piacerebbe sapere con che criterio sono stati fissati questi limiti di spessore. I vecchi sacchetti tradizionali avevano uno spessore medio di 10 micron, e già le persone li riutilizzavano abbondantemente e senza problemi. Penso al classico sacchetto con le scarpe sporche dei figli, al ritorno dal campo da calcio… Vogliamo aumentare lo spessore, per renderli più robusti? Bene, ma perché addirittura quintuplicarlo? Sessanta micron erano più che sufficienti. Così non si fa altro che sprecare materia prima.

Quindi paradossalmente secondo lei finiremo per consumare più plastica?
E’ quello che temo. Oltretutto questo provvedimento finisce per andare contro un’altra indicazione della Commissione Europea, che ci imporrebbe sì di ridurre la quantità di imballaggi, ma anche il loro peso. In questo modo stiamo solo appesantendo un prodotto che sarebbe ugualmente riutilizzabile con uno spessore decisamente inferiore. E c’è ancora un altro elemento: l’aumento dei consumi di sacchi per la spazzatura, acquistati appositamente.

Ma è realmente così? Questo è uno dei primi aspetti su cui abbiamo cercato di indagare, ma abbiamo versioni contrastanti. Da quel che ci è parso di capire per ora non c’è stato questo aumento strepitoso del consumo di sacchi neri. Ma forse anche perché abbiamo ancora abbondanti di scorte dei vecchi shopper. A lei risulta? Purtroppo al momento nemmeno io ho dei dati di vendita precisi, però l’aumento c’è stato, eccome. E ci sarà sempre di più.

Con questo decreto arriveranno i licenziamenti?
Sicuramente i licenziamenti ci saranno. Questi limiti mettono fuori mercato le aziende più piccole. In alcuni casi c’è anche un problema di macchinari, ma sono soprattutto i costi ad essere proibitivi. Produrre un sacchetto da 100 micron potrebbe venire a costare praticamente quanto una busta di carta… Ed è probabile che molti commercianti optino per questa soluzione, che non definirei certo ecologica, come mostrano anche gli studi LCA dell’ISSPRA. Noi non vogliamo in alcun modo entrare nella polemica fra bioplastica e additivi, siamo assolutamente neutrali. Però non si possono ignorare i fatti: la bioplastica resta inavvicinabile per le aziende di piccole dimensioni. I prezzi, i pagamenti anticipati… non si può competere con i colossi. Detto questo, vorremmo che qualcuno, un ente terzo che sia davvero estraneo alla polemica, potesse spiegarci una volta per tutte quali sono le reali conseguenze ambientali dell’una e degli altri.

APIBAGS è appena nata e ad oggi rappresenta già una trentina di piccoli produttori. Intendete intraprendere azioni legali contro questo decreto?
Ufficialmente non è stato nemmeno recepito, quindi per ora dobbiamo attendere che ci sia certezza sui contenuti, dopodiché lo leggeranno i nostri legali. Già ha poco senso parlare di decreto: ci voleva una legge, il coinvolgimento di tutte le parti. Noi piccoli produttori avremmo voluto avere la possibilità di partecipare davvero ai tavoli di discussione, e invece il Ministero non ha voluto sentire ragioni. Comunque ora l’obiettivo è il decreto che dovrà essere emanato entro luglio. Lotteremo per essere ascoltati: sui limiti di spessore bisogna tornare indietro.