lunedì 12 dicembre 2011

Verdi tedeschi chiedono ecotassa sugli shopper


Il fronte della guerra ai sacchetti in plastica si sposta in Germania, dove il partito dei Verdi ha chiesto l'imposizione di una tassa di 22 centesimi di euro sugli shopper in plastica a favore dello sviluppo di soluzioni alternative. Un'ipotesi duramente contestata dalla IK Industrievereinigung Kunststoffverpackungen, associazione tedesca dei produttori di imballaggi in materiale plastico, che taccia gli ambientalisti di "eco-populismo".

All'accusa rivolta ai sacchetti di essere responsabili dell'inquinamento marino, IK risponde con la ventennale attività di raccolta e riciclo dei packaging, che ha portato la Germania a raggiungere una quota di recupero del 97% sull'immesso al consumo. "In Germania non abbiamo problemi di 'littering' (dispersione di rifiuti nell'ambiente) per i sacchetti della spesa né questi finiscono in mare in grandi quantità. La dichiarazione del partito dei Verdi è semplicemente sbagliata", si legge in una nota.

IK contesta anche l'efficacia, in questo caso, dei sacchetti biodegradabili, la cui decomposizione negli impianti di compostaggio non avviene in tempi brevi; senza contare che i bioshopper non possono essere riciclati con le altre materie plastiche.

L'associazione sottolinea i vantaggi dei sacchetti di polietilene in termini ambientali e per un uso efficiente delle risorse: "I cittadini tedeschi consumano in media 65 sacchetti ogni anno, ognuno del peso di 15 grammi - argomenta IK - Ciò significa 975 grammi di polietilene in un anno, che richiedono un equivalente quantità di petrolio, che corrisponde a meno di un litro di benzina con il quale un'auto di media cilindrata percorre intorno ai 15 chilometri".

Infine, spiega IK, i sacchetti in polietilene possono essere riutilizzati più volte: si potrebbe incoraggiare gli utilizzatori a farlo applicando etichette o scritte sugli stessi sacchetti.

Fonte: polimerica.it

mercoledì 30 novembre 2011

L’Antitrust chiede linee guida sugli imballaggi biodegradabili


L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e al Ministero dello Sviluppo economico linee guida sugli imballaggi biodegradabili.


Con la segnalazione As 874, l’Antitrust ha sottolineato, in particolare, come al momento le disposizioni finalizzate a conferire ad imballaggi e a materiali per imballaggi la presunzione di conformità ai requisiti essenziali previsti nella direttiva comunitaria in materia (direttiva 94/62/Ce) sono costituite da norme tecniche dal carattere volontario non vincolanti emanate dal Comitato europeo di normazione (Cen) e che, successivamente, gli stati membri della Comunità europea provvedono a recepire nel proprio ordinamento, mediante attribuzione di un numero di riferimento nazionale (Uni) .

L’Autorità ha quindi evidenziato l’opportunità che vengano emanate delle linee guida che specifichino i requisiti minimi di biodegradabilità ai quali debbono conformarsi i produttori di imballaggi, precisando come “in tal modo si potrebbe ampliare, sia pure compatibilmente con le esigenze di tutela ambientale e coerentemente con la cornice normativa nazionale e comunitaria, il novero delle possibili tecnologie utilizzabili dai produttori di imballaggi al fine di ottenere la conformità ai requisiti essenziali di biodegradabilità richiesti dalla normativa comunitaria, così da non escludere le nuove tecnologie che dovessero rispettare i medesimi requisiti di biodegradabilità”.

Ne deriverebbe una maggiore chiarezza normativa in merito agli strumenti utilizzabili dai produttori, consentendo alle stazioni appaltanti che contrattano la fornitura di imballaggi plastici biodegradabili di superare l’attuale atteggiamento prudenziale che induce ad optare per la fornitura di imballaggi in materiale plastico biodegradabile certificato unicamente con la norma tecnica Uni En 13432, così di fatto danneggiando lo sviluppo di tecnologie concorrenti ma altrettanto valide allo scopo, in quanto rispettose dei requisiti essenziali prescritti dalla direttiva comunitaria.

Shopper: quale futuro per il bando?


Tra le grane che il nuovo Ministro dell'Ambiente Corrado Clini dovrà affrontare, c'è anche il bando alla commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili, che a undici mesi dall'entrata in vigore non ha trovato ancora una regolamentazione a livello nazionale: mancano, tra le altre cose, una definizione della tipologia di sacchetto oggetto del divieto, i riferimenti sulla biodegradabilità e il regime sanzionatorio; che non sono proprio dettagli...

Che fine ha fatto il DDL? Il Disegno di legge che avrebbe dovuto regolare la materia, presentato dall'ex ministro Stefania Prestigiacomo in Consiglio dei Ministri il 3 agosto scorso, può definirsi decaduto e  difficilmente potrà essere riesumato nella stessa forma dal nuovo esecutivo, non avendo ricevuto parere positivo, a quanto ci consta, dalla Commissione Europea, interpellata in aprile dal Ministero. Ripresentarlo pari pari costerebbe al paese una seconda procedura d'infrazione. La prima, per altro, potrebbe partire nei prossimi mesi: è quella relativa al provvedimento attualmente in vigore (Legge 296/06), emanato senza i decreti attuativi e - aspetto più rilevante per Bruxelles - senza la notifica preventiva alla Commissione Europea, come richiesto dalla Direttiva europea sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio 94/62/CE, che equipara il provvedimento a una norma tecnica. Vizio formale che proprio il DDL della Prestigiacomo avrebbe dovuto sanare.

E Monti? Uomo delle istituzioni e frequentatore di lungo corso dei corridoi di Bruxelles è anche il nuovo presidente del Consiglio Mario Monti, che difficilmente darebbe il via libera ad un provvedimento palesemente inviso alla Commissione Europea.

Status quo o nuova legge? E poco probabile, però, che il nuovo Governo ingrani la retromarcia sulla messa al bando degli shopper, ormai interiorizzata dagli italiani. Più probabile il mantenimento dello status quo, anche perchè sono altri e ben più gravi i problemi da affrontare. Ma non si può escludere una nuova regolamentazione del divieto, che possa soddisfare Bruxelles e, ci auguriamo, al tempo stesso evitare nuovi shock all'industria trasformatrice, specie in un momento così critico per l'economia e l'occupazione.
Buon lavoro, Clini.

Articolo completo >>

fonte: polimerica.it

martedì 15 novembre 2011

Smog, 4 regioni del Nord Italia incontrano la Commissione Europea



Per la prima volta 12 regioni europee si incontrano a Bruxelles per discutere con la Commissione della revisione della direttiva sulla qualità dell’aria. Per l'Italia erano presenti gli assessori di Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Rassicurazioni dalla UE sulle multe: "non intendiamo perseguire una politica punitiva".

12 Regioni appartenenti a 7 paesi d’Europa tra cui, per l'Italia, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, hanno incontrato ieri a Bruxelles il Direttore Generale all’Ambiente della Commissione europea Karl Falkenberg in vista della revisione della direttiva europea sulla qualità dell’aria.
La Commissione ha infatti avviato in questi mesi un'ampia consultazione, sia tra le istituzioni che tra i cittadini (attraverso un questionario on line), per raccogliere pareri sui punti di forza e di debolezza dell’attuale quadro legislativo e per arrivare entro il 2013 ad un riesame della normativa.

Le 12 Regioni, costituitesi in un gruppo di lavoro denominato "AIR", dopo aver illustrato le azioni più significative adottate nei rispettivi territori hanno consegnato alla Commissione un memorandum di intesa volto ad affrontare, in un’ottica europea e con lo spirito di coniugare sviluppo economico e sostenibilità, le criticità in materia di qualità dell’aria.

Oltre alle Regioni italiane del Bacino padano erano presenti le tedesche Baden Wurttemberg, Nordrhein-Westfalia e Assia, Londra, Le Fiandre, la regione olandese di Ranstad, l’austriaca Stiria e la spagnola Catalunya, in rappresentanza di quasi 90 milioni di cittadini residenti nelle aree più inquinate d'Europa.
La delegazione italiana ha chiesto in particolare che la nuova direttiva tenga maggiormente conto delle caratteristiche dei territori coinvolti ricevendo da Falkenberg rassicurazioni sul fatto che la Commissione non intende perseguire una politica punitiva, basata sulle multe, ma che è intenzionata a varare una direttiva applicabile dai diversi territori interessati.

Positivi i commenti al termine dell'incontro da parte degli assessori all'Ambiente del Nord Italia. “È stata la prima occasione per dialogare direttamente con la Commissione, -ha dichiarato l’assessore all’Ambiente del Piemonte Roberto Ravello- rendendola consapevole degli sforzi che vengono fatti a livello locale in materia di qualità dell’aria, per cercare di coniugare sviluppo e sostenibilità. Resta il problema di sensibilizzare il livello nazionale per un pieno riconoscimento delle Regioni come interlocutori della Commissione”.

"Non siamo solo i motori dell’economia europea, ma anche quelli che fanno di più per la qualità dell’aria e oggi l’Europa lo riconosce -ha dichiarato l’assessore regionale all’Ambiente della Lombardia Marcello Raimondi-. In particolare la Lombardia è quella che ha adottato le misure più ampie e severe, come ad esempio la low emission zone più grande d’Europa. Ora, però -ha aggiunto Raimondi- la palla passa all’Europa: deve fare di più, ad esempio chiarendo alcune politiche contraddittorie del passato, come quando si è incentivato il diesel sostenendo, allo stesso tempo, che fosse un combustibile molto inquinante.
La comunità scientifica ormai riconosce che solo politiche strutturali sono in grado di avere effetti significativi sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico. Queste, va da sé, necessitano di tempi adeguati e non immediati, perché i risultati sono visibili nel medio-lungo periodo. L’Unione europea -ha concluso l’assessore- tenga dunque conto di questo aspetto rendendo praticabili i limiti imposti e, soprattutto, premiando le Regioni virtuose”.

lunedì 14 novembre 2011

Rapporto Anci Conai sulla raccolta differenziata



Pubblicato il primo rapporto dell'Osservatorio degli Enti Locali sui sistemi di raccolta differenziata in Italia. L'Osservatorio si basa su banca dati aggiornata semstralmente dai Comuni che comunicano i dati sulla raccolta differenziata di imballaggi e RAEE. Presentati i dati 2010.

Presentata in occasione di Ecomondo la pubblicazione "La Banca Dati. I° Rapporto Raccolta Differenziata 2010". L’Osservatorio degli Enti Locali sui sistemi di raccolta differenziata in Italia e sui relativi modelli organizzativi nasce all’interno dell’Accordo Quadro ANCI CONAI 2009/2013 e dell’Accordo di Programma RAEE, quale punto di riferimento per le Amministrazioni Locali e strumento di conoscenza e supporto per lo sviluppo della raccolta differenziata in Italia e per il miglioramento della gestione dei servizi di igiene urbana.

L’Osservatorio si basa su una Banca dati aggiornata semestralmente ed è l’unico strumento a livello nazionale in grado di fornire a tutti i Comuni dati aggiornati all’anno corrente per verificare direttamente e pressoché in tempo reale la qualità della gestione dei servizi di igiene ambientale sul territorio.

Mercoledì 9 novembre è stato presentato il primo rapporto con le elaborazioni dei dati raccolti dalla Banca Dati relativi alla gestione delle raccolte differenziate nel 2010. L'evento è promosso da ANCI e CONAI presso lo spazio Città Sostenibile.

“In Italia i dati sulla raccolta differenziata ci sono - ha dichiarato Filippo Bernocchi, Vicepresidente ANCI - però abbiamo sentito l'esigenza come Anci di fornire un sistema ai Comuni che li mettesse in grado di conoscere attraverso una scansione temporale di sei mesi gli andamenti temporali della raccolta differenziata. Questo siamo riusciti a farlo grazie all'accordo che abbiamo sottoscritto con il Conai. Perché quando abbiamo sottoscritto l'accordo quadro abbiamo inserito una postilla che obbligava i conferitori a fornire i dati della raccolta differenziata alla banca dati Anci – Conai. Oggi abbiamo quindi un sistema aggiornato ogni sei mesi con i dati della raccolta differenziata che viene effettuta per ogni territorio ma soprattutto, e qui la novità, con i dati sulla qualità della raccolta differenziata. Molti Comuni - ha continuato Filippo Bernocchi - affermano di fare il 70-80% ma poi non si sa questa percentuale dove va a finire. Molte volte il materiale raccolo è destinato alla discarica perché la raccolta differenziata è solo nominale e quindi non riesce ad apportare un valore positivo al riciclo”.

Esprime soddisfazione Valter Facciotto, direttore generale del CONAI: “L'Osservatorio e' certamente un importante strumento a disposizione dei Comuni, che contribuira' a comprendere le dinamiche della raccolta differenziata e dei rifiuti che vengono poi effettivamente avviati alle operazioni di riciclo e di recupero. Gli enti responsabili dell'erogazione di questi servizi potranno cosi' intervenire correttivi se necessario per migliorare la qualita' e quindi anche le entrate derivanti dai corrispettivi economici riconosciuti dal sistema CONAI”.

“A prima vista – ha affermato Stefano Laporta, direttore generale dell' ISPRA, intervenuto alla presentazione – il rapporto potrebbe sembrare un doppione rispetto al lavoro che svolge l'Istituto che dirigo. Si tratta di uno strumento diverso, creato ad esclusivo uso e consumo degli amministrazioni comunali che ha una visione settoriale sulla raccolta differenziata e può essere uno strumento fondamentale per gli amministratori per sviluppare politiche locali realmente efficace in materia complessiva di gestione del rifiuto. Abbiamo – ha aggiunto Stefano Laporta - anche la necessita di diffondere la comunicazione sulla raccolta differenziata anche con strumento come questo perché, al di là che ci sia una buona sensibilità ambientale da parte dei cittadini e degli amministratori, c'è l'esigenza che questo settore venga conosciuto e le sue problematiche e tematiche vengano diffuse e si crei una coscienza ancora più profonda e specifica”.

IL Rapporto contiene le elaborazioni dei dati raccolti dalla Banca Dati relativi alla gestione delle raccolte differenziate nel 2010 in termini di quantita' raccolte, fasce di qualita' dei rifiuti conferiti al sistema CONAI e relativi corrispettivi riconosciuti. I numeri e le informazioni sui servizi di raccolta differenziata vengono trasmessi dai convenzionati (Comuni e soggetti delegati a sottoscrivere convenzioni con i Consorzi di filiera del CONAI), dai consorzi di filiera e dal Centro di Coordinamento RAEE; i primi trasmettono i dati tramite un portale web dedicato, mentre i CdC RAEE tramite l’invio di file alla Banca dati.

Qualche numero sulla percentuale di raccolta differenziata per area geografica secondo i dati trasmessi per il 2010: il dato più elevato si registra al Nord ovest (43,75%) seguito dal Nord est (37,93%). Al Centro la raccolta è pari al 25% contro il 19% registrato al Sud e il 13% delle Isole. Valori più alti al Nord per la raccolta differenziata si registrano nel Trentino Alto-Adige, (circa il 55%), in Piemonte (quasi il 49%) Veneto (47%) e Friuli Venezia Giulia (46%). Al centro prevalgono Toscana (36%) e Marche (33%) al Sud la Campania (20%) e la Basilicata (19%). Per le Isole una sorpresa è rappresentata dalla Sardegna (quasi il 54%) contro l’11% registrato in Sicilia.

fonte: ecodellecittà

giovedì 3 novembre 2011

“La Società del Riciclo”. Plastica: se modulassimo il contributo ambientale sulla base della riciclabilità del prodotto?



Una delle suggestioni emerse nel convegno “La Società del Riciclo” che si è svolto a Genova il 26 e 27 ottobre 2011. Le risposte di Jan-Erik Johansson (Plastics Europe) e Luca Piatto (CONAI).

Il 26 e 27 ottobre 2011 si è svolto a Genova il convegno internazionale “La Società del Riciclo: attuazione pratica della direttiva quadro sui rifiuti a livello locale e regionale”, organizzato da Acr+ (l’Associazione delle Città e le regioni per il riciclo e lo sviluppo sostenibile) e AICA (Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale), in collaborazione con il Comune di Genova e Amiu Genova e con il contributo di Cns, ERICA soc. coop. e Novamont spa.

In Italia circa il 30% della plastica raccolta con la differenziata viene riciclato, il resto finisce a recupero energetico o va in discarica. “E se ci fosse una imposizione fiscale più forte su quelle plastiche difficilmente riciclabili, se ne disincentiverebbe l'immesso sul mercato?” è stata una delle suggestioni emerse nel corso del dibattito durante la sessione su raccolta differenziata e riciclo.

“Se vogliamo eliminare la plastica dalla discarica – è stata la risposta di Jan-Erik Johansson, North Region Dir. and Resource Efficiency Programme di Plastics Europe (EU) - dobbiamo cernire, raccogliere e rilavorare. Abbiamo dimostrato in varie aree d'Europa che è possibile cernire la plastica al 78% e dividerla ai componenti individuali, pulirla e trasformarla in prodotti secondari. Però ovviamente, questo non accade in un giorno, è un lungo viaggio per tutta l'Europa, che dovrà costruire infrastrutture e mettere a punto un'industria della rilavorazione della plastica. Questo sarà il passo avanti. Noi vediamo l'embrione in alcune zone d'Europa. Credo che sarà possibile ma ovviamente le società dovranno investire nelle infrastrutture e ci vorranno più persone che entrino in questa industria. E non vogliamo che la plastica sia esportata in Cina, ma che venga riciclata in Europa. Vogliamo vedere la raccolta differenziata della plastica, la cernita e la rilavorazione di questa plastica in Europa”.

“Il contributo diversificato per la plastica – ha affermato Luca Piatto, Area Rapporti con il Territorio CONAI - venne preso in considerazione, ma si decise di non perseguirlo. Una situazione simile ci fu quando uscì la seconda direttiva sugli imballaggi e vennero introdotti degli obiettivi diversificati per le filiere, anche in quel caso la posizione del Conai non era favorevole a questo tipo di impostazione. La motivazione era la seguente: non si voleva entrare influenzando delle dinamiche concorrenziali, in quel caso tra i vari tipi di materiali. E' la stessa ragione che fece decidere di mantenere un unico contributo per la plastica”.


fonte: ecodellecittà

venerdì 28 ottobre 2011

Quanto è disposta a fare la Grande Distribuzione per prevenire la produzione dei rifiuti?



Lettera aperta della campagna Porta la Sporta, Italia Nostra e Adiconsum alla GDO in occasione dell'incombente edizione dell'evento di novembre e del lancio delle iniziative Meno plastica per Tutti e Mettila in rete finalizzate a tagliare il peso degli imballaggi e altri articoli usa e getta.

Si avvicina la terza edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (19-27 novembre) una campagna di comunicazione ambientale che nasce all’interno del Programma LIFE+ della Commissione Europea con l’obiettivo primario di sensibilizzare le Istituzioni, i consumatori e tutti gli altri stakeholder circa le strategie e le politiche di prevenzione dei rifiuti messe in atto dall’Unione Europea, che gli Stati membri devono perseguire, anche alla luce delle ultime disposizioni normative. La nuova direttiva in materia di gestione rifiuti (98/2008 CE) sottotitolata Verso una società del riciclo pone la prevenzione e il riuso ai primi 2 posti della gerarchia gestionale.

E' infatti evidente che la migliore pratica di gestione dei rifiuti consiste nel non generarli, perché i benefici in termini di riduzione di estrazione di risorse, consumo energetico, emissioni di gas serra e altri impatti ambientali che si concretizzano superano di gran lunga i benefici provenienti dal riciclaggio.

Porta la Sporta ritiene che la Grande distribuzione possa fare grandi cose in campo ambientale e che i gruppi abbiano al loro interno risorse e know how per pianificare velocemente in alcuni ambiti. Sicuramente la GDO si trova nella posizione di poter influenzare il mondo della produzione a monte e agire direttamente sui prodotti a marca dell'insegna o private label, che non è poco. La consapevolezza della limitatezza delle risorse del pianeta ha posto in primo piano il concetto di sostenibilità in generale e, più in particolare la sostenibilità delle imprese. Fare di più con meno rappresenta per le aziende il vantaggio competitivo del XXI secolo.

La campagna Porta la sporta con il supporto delle associazioni partner ha sempre cercato di coinvolgere nelle proprie iniziative tutti gli attori che possono giocare un ruolo importante nell'attuazione di politiche di sostenibilità ambientale o di divulgazione di buone pratiche in un meccanismo di sistema. Siccome la Grande Distribuzione rappresenta un interlocutore imprescindibile è stata fatta ai gruppi del retail dal 2010 una prima proposta di promozione della borsa riutilizzabile verso la propria clientela. Hanno raccolto l'invito 19 gruppi che hanno partecipato all'ultimo evento Settimana Nazionale Porta la Sporta dello scorso aprile 2011.

Ecco le sette azioni di riduzione dei rifiuti che Porta la Sporta, Italia Nostra e Adiconsum chiedono ai gruppi della GDO di realizzare in tempi brevi:

- Ridurre drasticamente il consumo di sacchetti monouso nel reparto ortofrutta con l'affiancamento di una soluzione riutilizzabile come proponiamo con la nostra specifica iniziativa Mettila in rete. Il passaggio al riutilizzabile da parte dei clienti andrebbe incentivato con l'accredito di punti fedeltà o altri sistemi premianti ;

- inserire nell'offerta attuale di spazzolini almeno un modello con testine intercambiabili con ricariche in confezione a parte. Andrebbe allo stesso tempo esercitata pressione verso i produttori delle marche tenute in assortimento perché considerino la conversione del loro assortimento a questo sistema meno impattante in tempi certi;

- ridurre l'overpackaging dei prodotti di gastronomia confezionati nei punti vendita. Ad esempio per i formaggi si può utilizzare solamente la pellicola trasparente ed eliminare gli inutili vassoietti che, una volta aperta la confezione vengono buttati poiché la confezione non è più facilmente richiudibile; chiedere ai propri fornitori di eliminare al più presto:
a) i doppi imballaggi evitabili come le confezioni di cartoncino che contengono dentifrici o altri prodotti di detergenza per il corpo.
b) gli imballaggi secondari come l'involucro che avvolge le due confezioni di caffè singole da 250 gr a marca Lavazza e altre marche. Basterebbe una grafica diversa sulle singole confezioni che evidenzi l'impossibilità di un acquisto separato. Il fatto che un prodotto con doppio imballaggio e maggiore impiego di materiale sia più conveniente rispetto al singolo acquisto non contribuisce ad educare il consumatore ad un consumo responsabile inducendolo a sottovalutare i costi e gli impatti ambientali che l'imballaggio ha nella realtà;

- sostituire gli imballaggi a partire dalla private label in poliaccoppiato non riciclabile con imballaggi in monomateriale riciclabili. Anche se con questa soluzione non si evita il consumo di risorse in fase di produzione si va comunque a ridurre la percentuale di rifiuto indifferenziato che maggiormente incide e determina i costi di smaltimento. In questa direzione si è mossa Barilla con una nuova linea di biscotti con involucro monomateriale in polipropilene;

- mettere a disposizione in tutti i punti vendita un ampio assortimento di prodotti per la detergenza del corpo e della casa acquistabili alla spina o in formati concentrati;

- ultima azione ma non meno importante riguarda la necessità di fare una regolare comunicazione per valorizzare le politiche ambientali intraprese. Le iniziative a carattere ambientale che richiedono la partecipazione dei consumatori necessitano di essere accompagnate da una comunicazione a lungo termine che ne promuova l'adozione con il supporto di sistemi premianti.

Andrebbero attivati allo scopo tutti gli strumenti di comunicazione e di fidelizzazione che le insegne hanno a disposizione. Dal sito web, alla newsletter, alla comunicazione nel punto vendita tramite cartellonistica e passaggio di spot audio.

Ha già accolto l'invito espresso al punto uno l'Iper E.Leclerc Conad di Terni dove, in collaborazione con l'associazione Ecologicpoint e con il patrocinio del Comune di Terni partirà una sperimentazione che, a partire dal 27 ottobre, durerà alcuni mesi e potrà servire come progetto pilota per valutarne l'estensione in altri punti vendita dell'insegna.

fonte: ecodellecittà

lunedì 24 ottobre 2011

EurocomItalia primo premio al concorso "Best Recycled Product"

EurocomItalia si è aggiudicata il primo premio al concorso "Best Recycled Product" organizzato da EPRO, federazione europea delle associazioni del riciclo di materie plastiche.

I vincitori sono stati annunciati in occasione di Identiplast, convegno internazionale sul riciclo delle materie plastiche tenutosi il 3 e 4 ottobre scorso a Madrid.

La società di Sezze Stazione (LT) ha ottenuto il prestigioso riconoscimento grazie a un'installazione per campi gioco a forma di treno, composta da due carrozze ed una motrice realizzati in plastica riciclata (battezzata dall'azienda Strongplast). La struttura portante è costituita da pali armati all'interno che conferiscono al gioco la necessaria stabilità; tutte le parti sono unite da viti in acciaio Inox immerse nella struttura e il gioco non presenta parti sporgenti che potrebbero causare danni ai bambini.

Al secondo e al terzo posto si sono classificate, rispettivamente, la spagnola Zicla con il marca-carreggiata per piste ciclabili Zebra, e il gruppo belga Philips per la macchina per caffé Senseo Viva Café Eco.

fonte: plasticaverde

martedì 13 settembre 2011

Ravello, Regione Piemonte: "Modificare il ddl sacchetti per salvaguardare i produttori"



L'assessore all'Ambiente della Regione Piemonte Roberto Ravello promette di farsi portavoce delle istanze dei produttori di shoppers alla Conferenza Stato-Regioni: "Proporremo una modifica del testo di legge, per una disciplina sulla commercializzazione delle borse biodegradabili che coniughi le prerogative ambientali e la difesa di un importante settore produttivo"


“Alla luce del divieto di commercializzazione delle buste non biodegradabili in vigore dal 1° gennaio 2011 - ha dichiarato l’assessore all’Ambiente Roberto Ravello - e dell'annuncio del Comune di Torino relativamente ad un inasprimento del Regolamento di Polizia urbana, condividendo le motivazioni alla base delle normative europee rispondenti alla necessità di ridurre le emissioni di CO2 e di diffondere i principi del reimpiego, del riciclaggio e delle altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio, riteniamo che l’adeguamento normativo della nostra legislazione, nell’ottica di sostenibilità delle politiche ambientali, non possa prescindere dalla giusta combinazione tra l’introduzione di regole che impongono dei comportamenti virtuosi a tutela dell’ambiente e la salvaguardia dei settori produttivi tradizionali operanti nell’ambito degli imballaggi.

In veste di Coordinatore della Commissione Ambiente della Conferenza Stato–Regioni - ha concluso Ravello - mi farò portavoce di tale esigenza, raccogliendo le istanze del territorio e proponendo una modifica del testo di legge, al fine di pervenire ad una disciplina sulla commercializzazione delle borse biodegradabili che coniughi le prerogative ambientali e la difesa di un importante settore produttivo nazionale”.

fonte: ecodellecittà

lunedì 1 agosto 2011

Sacchetti di plastica. La Ue bacchetta l'Italia



Al centro c'è il bando di comunicazione sul divieto di vendita dei sacchetti che non è stato distribuito in maniera omogenea. E la cui notifica non sarebbe stata inviata per tempo alla Commissione europea.

Quello dei sacchetti di plastica è uno strano caso di bando fantasma: un divieto di commercializzazione entrato in vigore a gennaio, tramite comunicato stampa, in assenza di decreti attuativi e sanzioni, in cui ancora non si capisce bene quali sacchetti siano stati banditi. Non ne sono certi nemmeno al Ministero dell’Ambiente. E ora spuntano anche una procedura di infrazione a carico dell’Italia (per la mancata notifica alla Commissione Europea) e un’indagine in corso per capire se il bando rispetti o no la libera circolazione delle merci.

Nonostante il silenzio del Ministero, da Bruxelles qualcosa si è mosso e qualcosa trapela: costituzione in mora per l’Italia (n° di procedura 2011_4030) per la mancata notifica dell’entrata in vigore del divieto, che avrebbe dovuto essere comunicata per tempo alla Commissione e che invece, come scrisse ad aprile il Commissario Janez Potocnik nella lettera inviata al ministro Prestigiacomo “il 1° gennaio 2011 ha iniziato ad avere effetto in assenza di qualsiasi notifica”.

Ma non solo: al di là delle modalità con cui il bando è entrato in vigore, la Commissione ha sollevato perplessità sugli stessi contenuti del divieto. Il notiziario ambientale Eco dalle Città ha chiesto spiegazioni in merito alla Direzione generale dell’Ambiente dell’Unione Europea, che ha risposto quanto segue: “Al momento la procedura di infrazione riguarda solo la violazione dell’obbligo di notifica, ma stiamo continuando ad esaminare la questione relativa alla libera circolazione delle merci ai sensi della direttiva imballaggi. A questo proposito, nel luglio 2011 la Commissione ha presentato osservazioni per l’Italia che riguardano le misure proposte dalle autorità italiane. Non escludiamo nessun ulteriore passo appropriato per l’attuazione delle direttive 94/62/CE e 98/34/CE”.

E’ stata in particolare la Gran Bretagna a sollevare obiezioni, e la questione di fondo è se un oggetto non vietato e di per sé non nocivo (il sacchetto di plastica) possa essere completamente bandito (divieto di commercializzazione) solo perché una parte degli utenti poi non lo gestisce correttamente, cioè lo lascia libero nell’ambiente.

E nel frattempo in Italia cosa sta succedendo? I sacchetti di plastica tradizionali sono spariti dai supermercati ma basta fare un giro per negozi o in qualsiasi mercato rionale, da Torino a Palermo, per vedere che, evidentemente, il bando non è operativo. Il comunicato diffuso a fine dicembre dai Ministeri (Ambiente e Sviluppo Economico) sottolineava che le buste bandite potevano essere ancora distribuite dai commercianti “fino ad esaurimento scorte”: escludendo che i sacchetti abbiano imparato a riprodursi da soli, evidentemente i negozianti hanno intuito abbastanza in fretta che aggirare il bando non era una faccenda poi così complicata.

Ben più complicata è invece la situazione dei tanti produttori che vorrebbero lavorare nella legalità, e che da mesi attendono un cenno dal ministero dell’Ambiente per capire quali tipi di sacchetti potranno ancora essere venduti. Ai non addetti ai lavori i sacchetti biodegradabili potranno sembrare tutti uguali, ma non è così. Accanto alle bioplastiche compostabili c’è un’intera nuova fauna urbana in attesa di approvazione: sacchetti additivati, oxobiodegradabili, tutti prodotti che sono sì biodegradabili, e che dunque avrebbero dovuto essere al riparo dal divieto, ma che non sono conformi alla normativa UNI EN 13:432 – successivamente indicata come norma di riferimento – che serve però a determinare la compostabilità di un prodotto e non la sola biodegradabilità.

Sull’operato del ministero è decisamente critica Unionplast, l’associazione di categoria che riunisce i produttori di imballaggi plastici: “Le aziende sono state abbandonate tra incertezze normative e difficoltà nel reperire i materiali imposti – afferma il Direttore Enrico Maria Chialchia – . Ora che la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per violazione delle direttive europee in tema di imballaggi (ed un’altra è in fase di definizione) il Governo riveda tutta la questione e metta le aziende in condizione di lavorare, sostituendo i divieti con incentivi e aprendo a soluzioni ambientalmente sostenibili. Penso ai sacchetti in plastica riciclata, come quelli certificati Plastica seconda Vita, che sono resistenti, ecologici e soprattutto riutilizzabili”.

Di tutt’altro avviso sulla situazione del bando italiano in Ue è l’Assobioplastiche, associazione di produttori e trasformatori di biopolimeri appena nata per promuovere l’utilizzo e l’immagine di questo materiale in Italia. “Non c’è nulla di strano nel fatto che la Commissione esprima osservazioni su una proposta di legge di uno Stato Membro – ha dichiarato il Presidente, Marco Versari – . Il ministro Prestigiacomo ha notificato a Bruxelles un disegno di legge su cui i Paesi che fanno parte dell’Unione hanno diritto di esprimersi, e l’iter procedurale terminerà all’inizio di ottobre. Questo non significa affatto che l’Europa sia avversa al divieto di commercializzazione, è la prassi”.

Fonte: il fatto quotidiano

mercoledì 27 luglio 2011

Bando dei sacchetti di plastica: parere contrario dalla Commissione Europea

Il bando italiano dei sacchetti di plastica non biodegradabili non è piaciuto alla Commissione Europea, né per i modi né per il contenuto: ad aprile arrivò il primo avviso di mora per la mancata notifica alla Commissione, e ora spunta una nuova comunicazione da Bruxelles: pollice verso anche per i contenuti del divieto. Si attende ora una risposta dall’Italia.

Alla Commissione Europea il bando dei sacchetti voluto dal Ministero dell’Ambiente italiano non è piaciuto: prima per la mancata notifica, di cui avevamo già scritto, e ora per il contenuto in sé.

Dopo la prima comunicazione inviata dal Commissario dell’Ambiente Janez Potocnik, in cui si sollecitava il Ministro Prestigiacomo ad inviare a Bruxelles la bozza del decreto – già entrato in vigore, ma in assenza di sanzioni e regolamenti attuativi – il Ministero ne ha da poco ricevuta un’altra, passata tuttavia sotto silenzio.


La conferma del parere negativo espresso da Bruxelles ci è stata data dall’ufficio stampa del Vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajani, che non ha tuttavia potuto diffondere documenti e comunicazioni poiché “la discussione fra le due parti è ancora in corso”.

Non è ancora dato conoscere con esattezza le ragioni che hanno indotto la Commissione a esprimere un parere negativo sul bando italiano. Potrebbe essere a causa di una violazione del libero mercato, per incompatibilità con le direttive europee che regolano gli imballaggi o per il fatto che al programma di adattamento progressivo previsto in origine dalla L.206/06 non è mai stato dato inizio.

Non va dimenticato il precedente francese: nel 2006 l'opposizione della Commissione indusse la Francia a ritirare un provvedimento molto simile, che non entrò mai in vigore.

Ad oggi gli esiti del dibattito non sono facili da prevedere e la Commissione “attende una risposta dal Ministero dell’Ambiente Italiano”.

Non solo la Commissione. Da mesi commercianti, distributori e produttori di sacchetti attendono di conoscere i regolamenti attuativi ancora mancanti,a più di sei mesi dalla diffusione del comunicato stampa che annunciava l'entrata in vigore del bando.

I punti chiave restano infatti ancora tutti da chiarire: che cosa il Ministero intenda esattamente per "biodegradabile" (Per ora si è sempre fatto riferimento alla normativa UNI EN 13:432, che tuttavia determina gli standard per la compostabilità e non la biodegradabilità); se i sacchetti prodotti con additivi saranno ammessi al commercio; se sarà indicato uno spessore minimo delle buste per poter essere considerate riutilizzabili; in quali sanzioni incorreranno produttori e commercianti che non rispetteranno il divieto.

fonte: eco delle città

Polemiche sul bando dei sacchetti, la parola a Bruxelles: cosa dice la Commissione Ambiente

Eco dalle Città ha chiesto allo staff del Commissario per l'Ambiente Janez Potocnik dei chiarimenti sulla discussione in atto fra Ministero dell'Ambiente italiano e Commissione Europea, che ha per oggetto il divieto di commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabili.

"Per quanto riguarda il divieto di sacchetti di plastica che è previsto dalla legge italiana 296/2006, la Direzione Generale Ambiente ha lanciato un'indagine sulla eventuale inosservanza, da parte dell’Italia di due direttive: la 94/62/CE e la 98/34/CE.
Dopo l'indagine svolta ad aprile 2011, la Commissione inviò una lettera di costituzione in mora per l'Italia, sostenendo una violazione dell'obbligo di notifica ai sensi delle due direttive.

Anche se al momento la procedura di infrazione riguarda solo la violazione dell'obbligo di notifica, la Commissione sta continuando ad esaminare la questione relativa alla libera circolazione delle merci ai sensi della direttiva imballaggi.

A questo proposito, nel luglio 2011 la Commissione ha presentato osservazioni per l'Italia che riguardano le misure proposte dalle autorità italiane.

La Commissione non esclude nessun ulteriore passo appropriato per l'attuazione della direttiva 94/62/CE e 98/34/CE.

Detto ciò, va rilevato che la Commissione Europea è preoccupata dai dati sul consumo attuale di sacchetti di plastica, che presto potrebbe non essere più sostenibile.

Per questo motivo sono stati recentemente avviati uno studio e una consultazione delle parti interessate per analizzare la portata del problema, valutando le soluzioni possibili per ridurre l'uso di sacchetti di plastica".

La consultazione delle parti interessate (cittadini compresi, NdR) terminerà il 9 agosto 2011.

lunedì 18 luglio 2011

Bottiglie PET: in Europa se ne riciclano di più

Petcore e EuPR hanno presentato i dati 2010 sulla raccolta e riciclo di bottiglie PET in Europa.

L'anno scorso, la raccolta differenziata e il riciclo di questi imballaggi ha raggiunto 1,45 milioni di tonnellate, ovvero il 48,3% di quanto immesso al consumo. Si tratta di un dato in crescita del 6,5% rispetto al 2009, (1,4 milioni di tonnellate), che a sua volta aveva registrato un incremento dell'8% sul precedente, segno che esiste ancora un potenziale inespresso (e capacità ancora da saturare). Segnali positivi vengono dall'export di rifiuti plastici verso il Far East, in calo per il secondo anno consecutivo.

Circa un quarto del PET rigenerato in Europa, circa 250.000 tonnellate di polimero, viene nuovamente soffiato in contenitori, gli impieghi nelle fibre poliestere sono scesi poco sotto il 40% del totale (anche se in termini assoluti i volumi sono lievemente aumentati), mentre la produzione di reggette (strapping) è lievemente risalita dopo la crisi del 2009 e oggi vale oggi circa 100.000 tonnellate di RPET. Altre 25.000 tonnellate di rigenerato finiscono nel settore delle lastre APET.

Le due associazioni stimano una capacità di riciclo, a livello europeo, pari a 1,7 milioni di tonnellate, pari a un tasso di utilizzazione dell'80%, che supporterebbe un ulteriore incremento della raccolta differenziata a livello continentale.

Buone notizie per i riciclatori europei vengono dal fronte dell'export di bottigle PET verso l'Estremo Oriente, che segna per il secondo anno consecutivo una flessione, dal 16% del 2009 al 13% dello scorso anno; in lieve decremento anche le importazioni di bottiglie in balle provenienti da mercati extra-UE.

Per quanto concerne i diversi paesi europei oggetto dell'indagine, tutti ad eccezione di due hanno raggiunto l'obiettivo di riciclare almeno il 22,5% dei packaging in plastica fissato dalla Direttiva europea sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio (in Italia la quota è di poco superiore al 34%). In alcuni paesi virtuosi, questa percentuale ha superato il 70%.

Petcore (PET containers recycling Europe) è un'associazione europea che promuove il riciclo post-consumo di PET, mentre EUPR rappresenta a livello europeo le aziende che si occupano di riciclo meccanico di materie plastiche in generale; attraverso le associazioni nazionali (in Italia Assorimap), rappresenta circa l'80% della capacità installata a livello continentale.

fonte: plasticaverde.eu

lunedì 11 luglio 2011

Bioplastics Conference di Torino: pronti a partire


E' stato definito il programma della Bioplastics Conference in programma a Torino il prossimo 21 settembre, organizzata da Proplast, in collaborazione con PlasticaVerde e Polimerica.
Interverranno alcuni importanti produttori di biopolimeri, trasformatori e costruttori di macchine e impianti di lavorazione.
Il taglio dell'evento sarà infatti tecnico applicativo, con la presentazione di alcuni casi di successo che vedono la collaborazione di tutti i soggetti della filiera: fornitori dei materiali, in primo luogo, ma anche costruttori degli impianti di trasformazione e delle attrezzature ausiliarie e produttori dei manufatti in bioplastica.

Due le sessioni previste, dopo un introduzione generale sul mercato attuale e le prospettive future, sia dal lato della domanda che da quello della disponibilità di materie prime bio-based. La prima sessione affronterà l'impiego di biopolimeri nel settore degli imballaggi, la seconda – nel pomeriggio – si dedicherà invece al segmento dei beni semi-durevoli. La conferenza è organizzata dal Consorzio Proplast, in collaborazione con il Polo Regionale di Innovazione Agroalimentare, il Polo Regionale di Innovazione per la Chimica Sostenibile, i nostri magazine online Plastica Verde e Polimerica, la Camera di Commercio di Torino e l'associazione European Bioplastics.
Per informazioni e iscrizioni: Bioplastics Conference

fonte: plasticaverde.eu

mercoledì 6 luglio 2011

Divieto europeo agli shopper in plastica: IK non ci sta


C'è fermento all'associazione di produttori tedeschi di imballaggi (IK - Industrievereinigung Kunststoffverpackungen), per la messa al bando a livello europeo dei sacchetti per la spesa in plastica non biodegradabile. Come non piace la consultazione online sul tema lanciata dalla Commissione Europea, che conterrebbe 850 sacchetti l'anno procapite, priva però di fonte attendibile.

Un altro aspetto contestato dai produttori di packaging riguarda l'assunto, che i nuovi shopper possano biodegradarsi nell'ambiente in breve tempo, senza alcuna influenza esterna. Secondo IK, l'unica possibilità di far sparire i sacchettio bio è di avviarli a impainti di compostaggio industriale.

L'Europa punta ad un solo obiettivo: mettere al bando i sacchetti in plastica al solo scopo di ridurre la quantità di rifiuti. Ma, non si tiene conto che i sacchetti sono prodotti con polietilene facilmente riciclabile. Non sono quindi rifiuti post-consumo in senso stretto, ma materia seconda con un valore di mercato.
La Germania possiede un sistema di gestione rifiuti che funziona in modo eccellente, tanto che oltre il 90% dei sacchetti in plastica sono raccolti e riciclati, quota che continua a crescere.
Il bando finirebbe così per colpire i paesi più virtuosi, che hanno implementato con maggiore efficacia la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.

Il bando ai sacchetti in plastica entrato in vigore in Italia dimostra che il paese non è in grado di far funzionare adeguatamente il sistema di raccolta e riciclo, dando quindi un messaggio sbagliato alla popolazione continuerà a buttarli via come prima. Per i produttori tedeschi, sarebbe preferibile educare la popolazione a raccogliere e riciclare i sacchetti, solo in questo modo si protegge l'ambiente e si risparmiano risorse.

fonte: polimerica

martedì 28 giugno 2011

Raccolta della plastica: a volte meno è meglio? Intervista a Corepla



"Raschiare il bidone non serve: meglio raccogliere un po' meno, ma farlo meglio". Intervista al Responsabile della Comunicazione di Corepla Gianluca Bertazzoli: si parla di sacchetti, biobottiglie, piatti monouso (in trattativa l'ingresso nella filiera del riciclo)e qualità della raccolta.


Dottor Bertazzoli, in una precedente intervista le avevamo chiesto quale fosse l’impatto dei sacchetti compostabili e dei sacchetti realizzati con additivi sulla qualità della raccolta, e ci aveva risposto che test e analisi erano in corso. Si è già arrivati a qualche risultato?
Si sta ancora lavorando sulle bioplastiche ma la questione è complicata. Come i consumatori hanno modo di verificare in prima persona, i sacchetti davvero compostabili si trovano nella grande distribuzione e in alcune nicchie di mercato particolarmente attente all’ecosostenibilità, ma basta fare un giro al mercato per vedere il caos che si è creato. Sacchetti biodegradabili ma non compostabili, falsi più o meno consapevoli, sacchetti di plastica vecchio stile… Il Ministero ha inviato la bozza all’Unione Europea ma il commercio si regola sulle leggi, non sulle bozze.

Bozze ancora piuttosto criptiche, oltretutto… Almeno si è capito se i famosi 400 micron erano una svista o no?
Quella è diventata una barzelletta. 400 micron è una valigia, non un sacchetto! Sicuramente la soglia sarà più bassa, ma ancora non si capisce se gli oxobiodegradabili saranno vietati o no. Purtroppo le modalità con cui è stato fatto questo bando hanno creato il vuoto: nessuno sa nulla e la confusione danneggia tutti. La gente non sa più dove buttare i sacchetti e si rischia di rovinare la qualità della raccolta con oggetti estranei che andrebbero conferiti altrove.

Come le biobottiglie?
Assolutamente sì. Se possano essere conferite negli impianti di compostaggio non posso dirlo io ma dovete chiederlo a chi li gestisce, io posso solo dirvi – coem già ha fatto il nostro Presidente su Repubblica – che il PLA inserito nel circuito del PET è un problema. Quindi sì, le biobottiglie non vanno assolutamente messe nella plastica.

Attualmente qual è il livello di impurità che COREPLA registra mediamente in una tonnellata di materiale raccolto? Ci sono differenze da una regione all’altra?
La media delle impurità sul materiale che arriva agli impianti è fra l’11 e il 13%. Più che fra regioni le differenze sono da un convenzionato all’altro: ci sono situazioni virtuose e altre molto critiche all’interno della stessa area territoriale. Purtroppo capita spesso che una raccolta molto spinta sul piano quantitativo si riveli poi decisamente scarsa a livello qualitativo. Un caso emblematico è la Valle d’Aosta. È vero che se la percentuale raccolta è troppo bassa è difficile che al qualità sia eccelsa (perché significa che il sistema non è penetrato nel territorio) ma vale soprattutto il contrario: meglio raccogliere un po’ meno ma farlo meglio.

Ma se i contributi vengono versati sulla base delle analisi merceologiche e non sulle quantità conferite, che senso ha raccogliere tutto?
Nessuno. E infatti spesso sforano i limiti e non percepiscono alcun compenso. Grattare il fondo del barile non serve. Certo, fare la raccolta di qualità vuol dire metterci testa e investire molto in comunicazione e controlli, ma questo è l’atteggiamento che paga.