martedì 28 giugno 2011

Raccolta della plastica: a volte meno è meglio? Intervista a Corepla



"Raschiare il bidone non serve: meglio raccogliere un po' meno, ma farlo meglio". Intervista al Responsabile della Comunicazione di Corepla Gianluca Bertazzoli: si parla di sacchetti, biobottiglie, piatti monouso (in trattativa l'ingresso nella filiera del riciclo)e qualità della raccolta.


Dottor Bertazzoli, in una precedente intervista le avevamo chiesto quale fosse l’impatto dei sacchetti compostabili e dei sacchetti realizzati con additivi sulla qualità della raccolta, e ci aveva risposto che test e analisi erano in corso. Si è già arrivati a qualche risultato?
Si sta ancora lavorando sulle bioplastiche ma la questione è complicata. Come i consumatori hanno modo di verificare in prima persona, i sacchetti davvero compostabili si trovano nella grande distribuzione e in alcune nicchie di mercato particolarmente attente all’ecosostenibilità, ma basta fare un giro al mercato per vedere il caos che si è creato. Sacchetti biodegradabili ma non compostabili, falsi più o meno consapevoli, sacchetti di plastica vecchio stile… Il Ministero ha inviato la bozza all’Unione Europea ma il commercio si regola sulle leggi, non sulle bozze.

Bozze ancora piuttosto criptiche, oltretutto… Almeno si è capito se i famosi 400 micron erano una svista o no?
Quella è diventata una barzelletta. 400 micron è una valigia, non un sacchetto! Sicuramente la soglia sarà più bassa, ma ancora non si capisce se gli oxobiodegradabili saranno vietati o no. Purtroppo le modalità con cui è stato fatto questo bando hanno creato il vuoto: nessuno sa nulla e la confusione danneggia tutti. La gente non sa più dove buttare i sacchetti e si rischia di rovinare la qualità della raccolta con oggetti estranei che andrebbero conferiti altrove.

Come le biobottiglie?
Assolutamente sì. Se possano essere conferite negli impianti di compostaggio non posso dirlo io ma dovete chiederlo a chi li gestisce, io posso solo dirvi – coem già ha fatto il nostro Presidente su Repubblica – che il PLA inserito nel circuito del PET è un problema. Quindi sì, le biobottiglie non vanno assolutamente messe nella plastica.

Attualmente qual è il livello di impurità che COREPLA registra mediamente in una tonnellata di materiale raccolto? Ci sono differenze da una regione all’altra?
La media delle impurità sul materiale che arriva agli impianti è fra l’11 e il 13%. Più che fra regioni le differenze sono da un convenzionato all’altro: ci sono situazioni virtuose e altre molto critiche all’interno della stessa area territoriale. Purtroppo capita spesso che una raccolta molto spinta sul piano quantitativo si riveli poi decisamente scarsa a livello qualitativo. Un caso emblematico è la Valle d’Aosta. È vero che se la percentuale raccolta è troppo bassa è difficile che al qualità sia eccelsa (perché significa che il sistema non è penetrato nel territorio) ma vale soprattutto il contrario: meglio raccogliere un po’ meno ma farlo meglio.

Ma se i contributi vengono versati sulla base delle analisi merceologiche e non sulle quantità conferite, che senso ha raccogliere tutto?
Nessuno. E infatti spesso sforano i limiti e non percepiscono alcun compenso. Grattare il fondo del barile non serve. Certo, fare la raccolta di qualità vuol dire metterci testa e investire molto in comunicazione e controlli, ma questo è l’atteggiamento che paga.


Oltre alla comunicazione si investe spesso in pretrattamenti del materiale: molti dei camion che portano i rifiuti alle vostre piattaforme non arrivano direttamente dalla strada ma dai centri di pre-pulizia. In questo modo non si sforano i limiti di qualità, ma il miglioramento non è avvenuto alla radice, si è soltanto aggiunto un passaggio. Voi incoraggiate questo tipo di operazioni?
No, non le incoraggiamo, anche se magari indirettamente le abbiamo causate, stringendo i bulloni della qualità. Le operazioni svolte nei centri di pretrattamento andrebbero comunque fatte se si vuole avviare il materiale a riciclo, non sono passaggi inutili. E’ vero però che se la qualità fosse superiore già nel cassonetto si potrebbero ridurre notevolmente e allora il miglioramento sarebbe reale, senza costi aggiunti.

Porta a porta, raccolta stradale, multi o mono materiale. C’è una combinazione migliore per la qualità della raccolta?
Non esistono sistemi migliori o peggiori, ma solo raccolte ben fatte o fatte con i piedi. E’ chiaro che il porta a porta presenta vantaggi innegabili: difficilmente mi troverò un materasso nel cassonetto della plastica, come invece può capitare nella raccolta stradale. Ma è anche vero che il porta a porta senza controlli e comunicazione adeguata è solo più costoso e non mi assicura affatto una qualità superiore a priori. Fra mono e multi materiale bisogna sempre valutare il peso delle frazioni: una combinazione di multi materiale leggera (plastica e alluminio, per capirci) è sicuramente una scelta molto ragionevole: calano i costi e non si danneggia il materiale.

Fra gli oggetti che vengono gettati più frequentemente nella plastica per errore ci sono le stoviglie monouso. Non è facile far capire alle persone che un usa e getta di pura plastica così comune non possa essere riciclato solo per ragioni contributive… Non si può fare nulla?
Conai sta lavorando da tempo per trovare un accordo, e la nostra speranza è che entro fine anno si possa raggiungere il nostro obiettivo: l’allargamento della raccolta a piatti e bicchieri.

Posate no?
No, quelle non contengono alimenti, dunque non sono imballaggi.

Quindi problemi tecnici per il riciclo dei piatti non ci sono?
No, a meno che non siano realizzati con materiali particolari; la maggior parte delle stoviglie monouso sono in polipropilene o in polistirene, che sono riciclabili. Certo, poi comincerà il tormentone delle stoviglie troppo sporche. Perché va bene riciclare il piatto, ma se insieme a questo ci finisce mezzo tacchino, igiene e qualità vanno un po’ a farsi benedire.

Parliamo di numeri: dicevamo prima che l’impurità media arriva al massimo al 13%. Il resto è tutto riciclato?
A riciclo meccanico viene avviato circa il 57% del materiale raccolto. Il restante 30% è rappresentato da rifiuti che sono sì imballaggi, ma che al momento non possono essere avviati a riciclo come gli altri e dunque vengono usati per la produzione di combustibili alternativi.

Questa quantità può calare?
Giusto: questo è un punto importante. Può diminuire ma non essere azzerato. Realisticamente, il 57% attuale può salire a 65%, ma ci saranno sempre imballaggi difficili da recuperare.

E perché?
Per varie ragioni: troppo piccoli, troppo grandi, presenti in quantitativi troppo ridotti… oppure perché sono stati fabbricati in modo troppo complesso, polimeri accoppiati multistrato…

Ma non si potrebbe obbligare le aziende a non costruire prodotti irriciclabili?
Attenzione però. Una cosa è l’overpackaging, un’altra è la performance prestazionale di un prodotto. Se io invento una confezione in poliaccoppiato che non può essere riciclata ma che mi permette di conservare un alimento un mese invece di una settimana alla fine l’ambiente ci guadagna. Purtroppo spesso i prodotti più funzionali sono anche quelli più complicati da riciclare: e allora bisogna valutare bene qual è la soluzione realmente ecosostenibile fra le due. Forse a volte è meglio rassegnarsi a non poter riciclare un imballaggio ma non dover buttare via il cibo che contiene.

Chiudiamo con una previsione: abbiamo già visto il margine di miglioramento sul materiale raccolto, ma sull’immesso al consumo?

Nel 2010 Corepla ha recuperato 170.000 tonnellate di PET sulle 400.000 tonnellate immesse al consumo. (NdR: in una versione precedente dell'articolo il dato era stato riferito a "imballaggi in plastica" a causa di un'incomprensione. Ci scusiamo per l'errore. Gli imballaggi di plastica complessivamente riciclati sono 350.000 tonnellate). Sicuramente abbiamo davanti ancora enormi margini di crescita, anche se ovviamente non potremo mai raggiungere il 100%: un po’ perché c’è almeno un 5% della popolazione che è irrimediabilmente recidiva e la raccolta non la fa; un po’ perché ci sono zone isolate in cui è difficile organizzare la raccolta; un po’ per la natura stessa del consumo: pensiamo al turismo o ai grandi eventi, ci sono situazioni in cui i costi di gestione della differenziata sarebbero ingestibili. Realisticamente direi che le 170.000 tonnellate attuali potranno diventare 250.000… forse addirittura 300.000, vedremo.

fonte: ecodellecitta.it

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